giovedì 26 luglio 2007

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Qualcosa che a casa ci tramandiamo: un impegno.

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martedì 3 luglio 2007

Mistretta

Sabato 30 giugno sono stato a Mistretta sui Nebrodi.
La parte finale della giornata è stata dedicata ad una lunga passeggiata per le vie di questo paesino, che un tempo contava più di 20.000 abitanti (oggi solo 5.000), arroccato su di un rilievo roccioso a metà strada tra Palermo e Messina.
Nel 1282 i suoi cittadini parteciparono ai "Vespri Siciliani" ed i Re Aragonesi la inserirono tra le città demaniali con il titolo di "Imperialis", acquisendo, così, un posto nel Parlamento del Regno.
Un paesino molto ben curato i cui palazzi nobiliari (Palazzo Tita, Palazzo Scaduto, Palazzo Salamone Giaconia, Palazzo Russo, mirabili per eleganza) e le ben 22 splendide chiese chiariscono immediatamente al visitatore la storia e la fortuna di questo luogo.
Guardando verso il mare si possono vedere, vicinissime le Eolie, e a sud sud-est si erge un boschetto che cinge il paesino.
Non esiste un albergo (o meglio ve ne è solo uno a quanto pare non all'altezza del luogo) e nessun bed&breakfast. A quanto pare non si tengono manifestazioni di rilievo (vi è la processione della Madonna della Luce) e comunque qualunque esercizio commericale nei giorni di festa rimane rigorosamente chiuso. Il fatto, poi, che sia la porta dei Nebrodi viene quasi tenuto segreto.
Mi è stato detto che vi è una sorta di volontà di allontanare i riflettori da questo giardino, la voglia di rimanere in disparte ed anche una sorta di alterigia nobiliare per quello che è stato il proprio passato e che non è più.
In una società che tende allo sfruttamento di qualsiasi risorsa questo è sembrato inconcepibile, anche al sottoscritto.
Devo dire, tuttavia, che questo sdegno nobiliare, questo rifiuto di fare il salta in banco per stormi di turisti, il rifiuto di ogni logica commerciale, questa, quasi, volontà di oblio, il declino fiero e decoroso di una società, ripensando questo luogo, mi sembra davvero struggente.
Fare una colpa di queste scelte, oltre che superficiale, è inopportuno.
Il luogo, ripeto, è davvero molto ben curato, le persone cordiali ed al contempo austere. E questi fattori non possono che accrescere il rispetto di certe scelte. Per visitare Mistretta lo devi volere e devi camminare in punta di piedi e poi non lasciare traccia della tua presenza.
Quanta differenza dal precedente viaggio ad Ortisei. Quanta sicilianeità gattopardesca nell'animo di Mistretta.
Ed è per questa mediterraneità, per questo struggente senso di aver vissuto e perduto l'età dell'oro, per il nome che forse proviene da
Am’Ashtart (popolo di Astarte divinità fenicia), per i suoi tramonti, per le isole in lontananza, per i sui boschi carichi di mistero, per tutti questi motivi e per altri che neanch'io so spiegare, in questo post non lascerò nessuna fotografia, nessun ricordo, nessuna cartina, nessuna traccia.